lunedì 23 giugno 2014

A PIEDI NUDI. NEL VERDE

Prima di introdurre i bambini al mondo della letteratura, dei numeri, della filosofia e della storia, prima di apprendere l’abilità della scrittura, prima di sviluppare qualsiasi cognizione di educazione e civiltà, prima di tutto questo, ad ogni bambino è stato fatto un dono che è fonte inesauribile di divertimento e istruzione ed è assolutamente gratuito: la Natura. Spesso però ci dimentichiamo di questo dono prezioso e mettiamo fretta ai nostri figli, li spingiamo a bruciare le tappe nella convinzione che debbano costruirsi una biblioteca interiore di conoscenze pratiche e teoriche non appena mostrano di poterne afferrare i concetti. Li iscriviamo, ancora piccolissimi, a corsi di musica, storia, lingue straniere. Facciamo loro da autisti accompagnandoli a nuoto, a danza e karate. Riempiamo il tempo che resta nel fine settimana con altre attività analoghe: gite allo zoo, ai musei, agli edifici storici, a mostre e rappresentazioni, ma, se da una parte, fare questo è stimolante e sicuramente arricchente, occorre tenere presente che anche le esperienze che i bambini possono fare negli spazi esterni ampliano i loro orizzonti e favoriscono apprendimenti che sono necessari per crescere, socializzare, avere fiducia in se stessi. Per questo è importante che frequentino anche degli spazi diversi da quelli domestici, anche se i genitori troppo ansiosi possono averne paura, perché meno controllabili, ma così facendo, finiscono per trasmettere le loro ansie ai figli, i quali rischiano di crescere timorosi e troppo dipendenti dagli adulti. Molti genitori non considerano che sono assai più pericolose, per la crescita dei loro figli, la sedentarietà o la visione di certi programmi televisivi rispetto ai giochi spontanei all'aperto con i coetanei. Secondo i dati della ricerca “ Lo stile di vita dei bambini e dei ragazzi”, realizzata da Ipsos per Save the children, quasi la metà dei bambini italiani vede la televisione da 1 a 3 ore al giorno, e per l’85% i videogiochi sono l’intrattenimento principale. Così, bisogna puntare sulla qualità e sulla fantasia per sovvertire questa tendenza: l’adulto deve stimolare la curiosità nel bambino, il quale saprà accendersi immediatamente, invece di tenerlo relegato davanti ad infernali macchinette, così che non possa divenire un elemento di disturbo. C’è una notizia, riguardante il National Trust, un ente di beneficienza del Regno Unito, il quale si occupa di conservazione, tutela dei luoghi storici e spazi verdi, il quale ha lanciato la campagna “ 50 cose da non perdere prima degli undici anni e tre quarti “, pensata per aiutare bimbi e genitori a recuperare il contatto con la Natura. Alcune di queste cose sono: scalare un albero, rotolarsi giù da una collina, costruire una tana, far volare un aquilone e correre sotto la pioggia. Forse nemmeno i genitori stessi hanno fatto tutte queste cose…trovare il tempo per farle, magari insieme ai propri figli, ora, potrebbe essere un’ottima occasione per recuperare il tempo perduto! E poi, del resto, se i bambini hanno bisogno della Natura come maestra, forse noi adulti ne abbiamo altrettanto bisogno per trarne forza e ispirazione. Il tempo nella Natura non dovrebbe essere strutturato, non ve n’è alcun bisogno. Sono ore che trascorrono con facilità per grandi e piccoli. Ci si può organizzare con un libro o un hobby portatile, e passare un pomeriggio all’ombra confortevole di un albero mentre i bambini giocano. Evitiamo lo stress di pianificare attività didattiche, e pregustiamo, invece, la semplice libertà dello stare all’aperto. Concordo pienamente con le parole della psicologa Anna Oliverio Ferraris, dalla quale ho tratto il titolo dell’articolo, che altro non è che il titolo del suo libro edito da Giunti, quando afferma che “i bambini devono imparare a conoscere prima il mondo reale e solo dopo quello rappresentato”, che in semplici parole si traduce con: meglio due ore all’aria aperta che due ore con il tablet in mano.

Sono stato promosso. Mi regali un telefonino?

Cari mamma e papà, anche quest’anno la scuola è finita e se sarò promosso vorrei che voi mi regalaste uno smartphone, non un semplice telefonino per chiamare e inviare messaggi, ma uno di quelli che hanno tutti e che ti fanno fare un sacco di cose: video e foto ad alta definizione, hanno il collegamento internet sempre acceso, perciò posso entrare in whatsapp, shazam, instagram, facebook, spotify, e stare a contatto con i miei amici! Senza dimenticarvi che così potreste chiamarmi quando volete, controllare cosa sto facendo e sentirvi così meno in ansia… non è una bellissima idea? È una fantastica idea caro figliolo, ma quanti anni hai? Sai che ad Aprile, a Caserta, si sono riuniti in un importante convegno, i pediatri della SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale), che hanno sostenuto la necessità di creare delle Linee Guida Ministeriali per limitare il più possibile l’uso dei telefonini ai bambini, evitandone totalmente l’uso prima dei 10 anni e limitandone l’uso dopo tale età? Questo perché gli effetti nocivi per la salute sono sempre più evidenti e alcuni legati agli effetti termici. L’interazione di un campo elettromagnetico con un sistema biologico provoca un aumento della temperatura: quando le esposizioni sono molto intense e prolungate possono superare il meccanismo di termoregolazione portando a morte le cellule. In Italia abbiamo il primato europeo per il numero di telefonini in Europa e l’età diminuisce sempre di più: a sette anni circa il 18% dei bambini possiede già un cellulare, ma Giuseppe Di Mauro, presidente della SIPPS, ha usato toni duri a Caserta: «I bambini dovrebbero trascorrere gran parte del proprio tempo all’aria aperta. Non conosciamo tutte le conseguenze legate all’uso dei cellulari, ma da un utilizzo eccessivo potrebbero scaturire una perdita di concentrazione e di memoria, oltre a una minore capacità di apprendimento e un aumento dell’aggressività e dei disturbi del sonno. Ritengo che i bambini non debbano usare il telefono cellulare o, se proprio i genitori non possono fare a meno di dare ai propri figli quest’oggetto, mi auguro che venga utilizzato per pochissimo tempo: sono numerosi i ragazzi che, pur stando uno vicino all’altro, non si parlano ma continuano a tenere lo sguardo fisso sul telefonino. Se non mettiamo un freno a questa invasione dei cellulari tra i nostri piccoli, le nuove generazioni andranno sempre più verso l’isolamento». Il discorso riguarda non solo l’opportunità o meno di dare il cellulare ai bambini sotto i 10 anni, ma anche l’importanza di far prevalere il buon senso anche successivamente: oltre ai rischi (anche soltanto ipotizzati) per la salute, c’è una questione educativa e di sviluppo psichico che non può essere tralasciata. Sono diverse le funzioni psicologiche e sociali che il telefonino di oggi assolve: innanzitutto ha la funzione di regolare la distanza nella comunicazione e nelle relazioni . Attraverso il telefonino, infatti, ci si può avvicinare o allontanare dagli altri: ci si può proteggere dai rischi dell’impatto emotivo diretto, trovando una risposta alle proprie insicurezze e alla paura del rifiuto; ma ci si può altresì mantenere vicini e presenti costantemente alle persone a cui si è legati affettivamente, gestendo l’ansia da separazione e la distanza. Tutti noi possediamo un telefonino e ne facciamo l’uso che vogliamo (stiamo attenti però a non entrare nella dipendenza da telefonino), ma mentre noi adulti siamo cresciuti in un mondo reale, fatto di carne e di ossa, ma soprattutto di sguardi, dobbiamo fare più attenzione all’uso che ne fanno i ragazzi: l’età evolutiva è il momento dell’apprendimento delle modalità di contatto sociale reale e delle capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni. La comunicazione attraverso il telefonino, potrebbe finire per diventare l’unica capacità di mettersi in relazione e, contemporaneamente, la sua perpetua possibilità di contatto non stimola né la capacità di controllare il rinvio della soddisfazione dei bisogni che si concretizza nell’attesa, né la conseguente creatività che si sviluppa nell’attesa. In tal modo, il pensiero lascia sempre più spazio all’azione, al prezzo dell’incapacità crescente di reggere la lontananza e il distacco, perdendo di vista che essi non sono esclusivamente pesi da alleviare, ma anche spazi che è possibile colmare coltivando quelle importanti dimensioni psicologiche rappresentate dalla fantasia. Per invertire questa tendenze bisogna però prendersi la briga di offrire ai ragazzi qualcosa di diverso. Luca avrebbe preferito messaggiare con gli amici su whatsapp piuttosto che vedere “La vita è bella” di Benigni con noi seduto sul divano, ma poi gli è piaciuto tantissimo. Il telefonino di Federica si è rotto: tre giorni per ripararlo l’hanno preoccupata parecchio, benché avesse messenger e facebook. Ma è sopravvissuta.

martedì 3 giugno 2014

CYBERBULLISMO. Quando la violenza entra nella rete

Amanda, Andrea, Carolina, Megan. Non sono solo nomi qualunque, che appartengono probabilmente a culture diverse. Dietro a questi semplici nomi ci sono ragazzi veri, in carne ed ossa, che purtroppo non ce l’hanno fatta. Insieme ad altre difficoltà che sicuramente hanno incontrato nella loro vita e hanno fatto credere loro di non avere più futuro, questi adolescenti non hanno, da ultimo, retto all’umiliazione del vedersi derisi, sbeffeggiati e diffamati davanti ad una piazza. Non una piazza pubblica al centro di una città, dove potrebbero assistere forse non più di trenta persone, ma una ben più estesa, dove in migliaia si possono recare contemporaneamente: è la piazza virtuale, quella di Facebook, dei Social Network, di Internet. Quella che consente la visibilità spesso tanto desiderata, a basso costo, ma quando questa visibilità non riflette l’immagine positiva e speciale che vorremmo avere di noi stessi e che soprattutto vorremmo che gli altri avessero di noi, può diventare un luogo di terribile sofferenza. - “Che problema c’è?” - potreste pensare – “Se mi sento offeso e aggredito da persone poco sensibili, mi tolgo per un po’ dalla rete e riprendo la mia vita con le persone vere e reali che mi sono vicine, con la famiglia e le amicizie che mi sono costruito nel tempo!” - Forse però non per tutti si tratta di una libera scelta. Per molti ragazzi di oggi, i “nativi digitali”, non c’è una linea di separazione netta tra la vita reale e la vita virtuale, perché sono nati e cresciuti con esse: vita virtuale e reale si mischiano, si contaminano e si integrano, con tutte le potenzialità ma anche i rischi che questo comporta, non da ultimo il Cyberbullismo, termine utilizzato per indicare il fenomeno che avviene quando bambini e/o adolescenti si avvalgono dell’utilizzo di internet, dei telefoni o di altri tipi di tecnologia per maltrattare e molestare ripetutamente i propri coetanei. Non è un fenomeno isolato. Stime recenti del Ministero indicano che uno studente italiano su quattro compie o subisce atti di prevaricazione via web: il 26% dei ragazzi ne è vittima, mentre il 23,5% si definirebbe cyber bullo. Sono percentuali elevate: questo fenomeno ci riguarda! Se il ragazzino non si è formato una corazza forte per gestire possibili derisioni iniziali, le sofferenze saranno molto pesanti: è come essere nudi, in mezzo alla folla, non potersi coprire e pensare che gli altri stanno ridendo di noi e si stanno facendo un’idea sbagliata. Il cyber bullo invece agisce secondo meccanismi di disimpegno morale: “L’ho solo insultato, non l’ho mica ucciso, e poi lo fanno tutti!” La vittima che soffre, vede la sua immagine umiliata e pensa che la sua vita sia rovinata per sempre; i bulli che sentono di essere forti prevaricando e umiliando l’altro; i sostenitori del bullo che pensano che non ci sia niente di male, ridono e commentano forse per sentirsi parte del gruppo dei più forti e non rischiare di diventare vittima a loro volta, sono ragazzi che hanno ognuno le proprie fragilità e che forse nella società ai tempi di facebook pensano che in fondo quello che appari è quello che sei. Ora, se siete ragazzi e usate i social network, tenete presente che davanti a insulti che sentite pesanti, a immagini che non volete che altri pubblichino su di voi, a diffamazioni che sentite dolorose, è bene che non reagiate aggressivamente o al contrario piagnucolando, non farebbe altro che dar modo ai cyber bulli di continuare il loro divertimento, ma interrompete subito il discorso con fermezza dicendo che se continueranno informerete i genitori e la polizia postale…è un modo per non stare al loro gioco! Se siete genitori e sentite il forte impulso di proibire ai vostri figli l’uso di facebook o internet per la paura che possa succedere, o se vi viene voglia di fare mille domande per cercare di sapere se la cosa riguarda in un modo o nell’altro anche loro, prendete un po’ di tempo, accogliete questa emozione, ma non agitela nell’immediato…non è utile! Fermatevi e pensate, tenendo presente che l’ascolto vero, l’osservazione dei comportamenti e dei sentimenti, la presenza in casa di una guida autorevole che sappia quando dire sì e quando dire no senza sentirsi in colpa per educare a cosa è bene e cosa è male, sono buoni indicatori del fatto che forse questo non accadrà. Per maggiori informazioni puoi visitare i seguenti siti online: www.azzurro.it www.smontailbullo.it www.garanteprivacy.it Elena Tironi Psicologa